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SEZIONE ICONOGRAFICA ALLEGATA ALLA SCHEDA n. 054

 

 

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FD081) Molino di Cima, Pianta con cartiglio (ASCLu, Protocollo generale, 1853, n. 3388)

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FD083) Pianta del Molino di Cima a San Pietro a Vico, dettaglio dell'immagine precedente (ASCLu, Protocollo generale, 1853, n. 3388)

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FD083) dettaglio dell'immagine precedente (ASCLu, Protocollo generale, 1853, n. 3388)

Pianta del Molino di Cima a San Pietro a Vico. Nel 1853 l'edificio che ospitava il Molino, all'epoca dotato di otto macine, accoglieva anche altre attività come una bottega di fabbro, una stanza con un folle e una con un telaio, oltre a rimesse, stalle, cantine. Si trattava quindi di una struttura complessa e articolata su più livelli. Il corpo di fabbrica principale, dove si trovavano cinque macine, era situato a cavallo del Condotto.

La Pianta è inserita in una Lettera alla Comunità di Lucca, scritta da Francesco Pardini e altri, affinché l'Amministrazione comunale faccia sospendere i lavori alla strada pubblica che potrebbero ledere le loro proprietà.

La pianta del luogo è a colori e molto particolareggiata e nella parte scritta sottostante ripercorre una parte della sua storia:

1) Linee e rette segnate in pianta di rosso (N. 1 e N. 3) indicano lo Stabile del quale, il 22 agosto 1783 (con rogito del notaio Marc'Antonio Rinaldi) il sig. Bartolommeo Micheli ne allivellò 7 delle 8 parti indivise a Giovan Battista Orsolini di San Pietro a Vico per un canone annuo di T 195.

2) Si torna indietro al 23 marzo 1817 alla precedente “investitura” fatta dal sig. Carlo Giacinto Bambacari (allora Direttario dei 7 ottavi) allo stesso Giovan Battista Orsolini ed a Filippo, di lui fratello per l'annuo canone di T 240.

3) In quel contratto si trova l'inventario dei Molini e lo stato delle fabbriche e anche la mappa del fondo (formata in quell'incontro dal Perito Giulio Ambrogio Giannetti).

A maggior distinzione sono state campite di giallo le nuove fabbriche fatte costruire dopo il 1733. “Detto Stabile comprende la superficie di 634 Pertiche. Coltr. 1.1.59”. N. 2 Terra alberata e vitiata che fu ottenuta in permuta del pezzo N. 3 rosso dall'Opera di San Pietro a Vico e da Franco Bandoni, allora livellaro: ciascuna porzione permutata ha la superficie di 63 e 4/5 Pertiche.

4) L'ottava parte apparteneva a Silvestro Arnolfini che aveva lasciato alla figlia Luisa questa eredità: suo marito Franco Burlamacchi, per conto della moglie, aveva scelto l'ottava parte e precisamente la parte colorata di giallo pieno dove era stata di recente costruita una Fabbrica ad uso di Folle.

5) La località è indicata come Molino di Cima al Chiasso Chiappone.

6) Le lettere alfabetiche rosse indicano i vari edifici: stalle, cantine, una grande rimessa, un Molino con tre macine, un macello, il Molino grande, una stanza Telaio.

7) Il Condotto pubblico è ben delineato e sottopassa il Molino: gli edifici e le aie restano alla sua sinistra (a est). Sempre a est si vede la Via Pubblica di San Pietro a Vico e una fossettina laterale.

"Ritrecine" è un'antica voce toscana di derivazione latina che indica una ruota idraulica "a pale dentate". Pare, tuttavia, che tale tipo di macchina sia stato introdotto nei paesi mediterranei dagli Arabi. Si diffuse quindi in Italia centrale, da dove proviene l'esemplare qui proposto e descritto, e poi nel centro Europa. Si tratta di uno dei pochi tipi di ruota idraulica ad asse verticale ed è interessante notare che le sue pale, scavate nel legno a forma di mezzo cucchiaio, compaiono in un disegno del Codice Atlantico di Leonardo (304 v.) che mostra una girante di questo tipo ed il modo di sagomarle. Diversi altri autori, fra cui Ramelli (1588), B. Belidor (1737) e Meissner (1880) illustrano tale tipo di ruota con varietà di rappresentazioni. Tale ruota è ad azione, cioè si muove sotto la spinta dovuta alla sola energia cinetica di una caduta d'acqua, che viene ottenuta liberamente alla pressione atmosferica. Essa presenta caratteristiche comuni alle moderne turbine in quanto l'acqua, entrata tra le pale, non ne rifluisce come nelle ruote idrauliche, ma attraversa il canale interpalare per uscire dalla parte opposta. Il ritrecine è infine una macchina motrice particolarmente adatta ad eseguire il lavoro di molitura in quanto, essendo ad asse verticale, permette di azionare la mola direttamente, senza il bisogno di ingranaggi.

Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ruota_idraulica_ad_asse_verticale_-_Museo_scienza_tecnologia_Milano_02291_foto.jpg

Nel collage:

1) Disegni tratti da "Osservazioni sui molini ad acqua situati nei territori di Piteglio, Prataccio e Prunetta", di Rolando Nesti, Associazione Pro Loco Prataccio, 1994

2) Ruota custodita custodita nel Museo Nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci, Milano.

 

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