Maria Virginia Paradisi
Le case dove vivevano i Lucchesi delle classi popolari si differenziavano soprattutto a seconda se situate in campagna o in città. In un allegato della Statistica sanitaria della Provincia di Lucca per l'anno 1878 e precisamente nella Relazione al Consiglio sanitario, il dottor Raffaello Guidi, dopo aver prodotto tabelle di natalità e mortalità, riferendosi soprattutto alle malattie più frequenti, si sofferma su quelle dei neonati e dei bambini e ne intravede le cause predisponenti nei precoci divezzamenti e nell'alimentazione ma non esclude "altre cagioni (che) cospirino a rendere più grave la mortalità della prima infanzia, tra le quali la miseria col suo cupo corredo". Il "cupo corredo" cui si riferisce sono le condizioni delle abitazioni "specialmente della campagna, dove non ha penetrato ancora l'influsso della attuale società". Esse constano generalmente di poche camere, ove d'ordinario si raccoglie una numerosa famiglia, con finestre rare e anguste, raramente aperte ad una larga aereazione; il cui piano terrestre, il più frequentato della casa, è spesso nudo, sterrato e senza cantina sottoposta, per cui oltre l'umidità che vi domina, se ne sprigionano eziandio quei gas malsani, che sono dovuti alle lente ossidazioni delle materie organiche ivi contenute, le quali pur troppo sono favorite dal suo strato reso per tal modo permeabile... A siffatta insalubrità delle abitazioni della campagna si unisce l'altra proveniente dalle stalle, e dai depositi delle umane deiezioni, che, d'ordinario attigui alle abitazioni, si trovano spesso in uno stato miserrimo d'insalubrità, e col penetrarvi dell'aria, divengono veri focolari di putrefazione... Le famiglie che vivevano in città avevano una casa in affitto e un numero inferiore di figli rispetto ai contadini di campagna, potevano contare su una paga e mandare i figli a scuola ma non erano tutelati in caso di malattie che sembrano essere più frequenti e mortali tra chi vive in città come afferma sempre il dottor Raffaello Guidi nella Relazione sopra citata: la mortalità tra gli adulti si verifica perché "il campagnolo adulto (...) si può dire che non abiti la casa (malsana) che nelle ore della notte, vivendo nel giorno col sole e colla natura nei lavori campestri, ove acquista quella robustezza di fibre e quella speditezza di funzioni, che in generale non raggiunge l'abitante della città, avvezzo a passare il suo tempo nelle case o nelle officine, ove l'aria si carica delle maggiori impurità." La storia dei fratelli Asciutti, siamo nel 1884, dimostra come la malattia e, in particolare, la tubercolosi che era quasi un'epidemia tra le classi lavoratrici di quegli anni, quando colpiva impediva l'espletamento del lavoro che permetteva il mantenimento delle famiglie e in poco tempo coloro che non avevano, oltre il lavoro, "beni di fortuna" si trovavano nella miseria e dovevano ricorrere ai sussidi e all'aiuto delle istituzioni di beneficenza. Umberto e Antonietta Asciutti avevano un padre, Achille, falegname e una madre, Angela Barsotti, sigaraia che col loro lavoro portavano a casa 19 lire per settimana (10 il primo e 9 la seconda). Vivevano in una casa in affitto, in Via Busdraghi, N. 7, piano 2° a sinistra, una casa dove erano i seguenti oggetti: "1 comò a 4 cantore con una toppa, 1 credenza con banchetto, 6 quadri andanti, 1 sofà e una poltrona impagliata, 5 seggiole di noce a lustro e 4 di ciliegio sane e altre 5 degradate, 3 tavolini e un omo morto di legno, 1 letto con colonne e telare di noce a lustro con materassa e imbottito e saccone, 2 piastre da stirare e utensili da cucina: una casserola piccola, un lavamani di legno, uno specchio di noce a lustro, una spazzola da panni, 2 catini di terra, un paiolino nuovo e una secchia degradata, 2 guanciali e 1 coperta di cotone color caffé lavorata a quadri, una macchina da caffé nuova, un sofà con saccone e due coperte e un imbottito piccolo, uno scialle di lana nero e uno di lana bianco e nero, un giacchetto di tibet nero, un vestito di lana bianco e nero, un baule con biancheria". Questo elenco lo scrive di sua mano Antonietta quando, morti a distanza di pochi mesi l'uno dall'altra, il padre e la madre, ambedue per "etisia", viene ricoverata nella Pia Casa dove già vive il fratellino Umberto. Lo zio Amerigo Barsotti consegna, poi, al direttore Luigi Moscheni, un baule pieno di biancheria, l'attestato di studio e di buona condotta messo in cornice, un quadro della Madonna S.S. Immacolata, composta "di pezzi di metallo argentato sopra fondo bleu" e ancora un quadro raffigurante il Volto Santo e i santi più rappresentativi di Lucca: San Paolino, San Frediano e Santa Zita.
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