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Aggiornata
Mercoledì 14-Mar-2018
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VILLA BOTTINI - Dall'occupazione ad oggi
Villa Buonvisi-Bottini (nel tempo fu anche Motroni Andreozzi e Marcheschi, ma per noi lucchesi è soltanto Bottini), edificata nel 1566 da Paolo Buonvisi, occupa un posto speciale non solo nella mia personale mappa esistenziale e identitaria, ma anche nella memoria storica della città che l'inesorabile trascorrere del tempo, in assenza di politiche adeguate, e il naturale avvicendarsi delle generazioni, fatalmente stanno cancellando. Era il lontano 1977, frequentavo la Scuola Media Statale Leonardo da Vinci, classe seconda. Avevo un professore d'italiano modello Caronte: sigaro toscano perennemente acceso in bocca, barba, viso rotondo e pelle arrossata, occhi di brace, giacchetto di pelle nera, corto in vita, sempre addosso. Un mentore severo e autorevole. Aveva portato in classe molto fumo acre e insopportabile, ma anche qualcosa che a me, almeno, parve strabiliante: l'interesse per le opinioni dei ragazzi, il tentativo di aprire gli occhi spingendo a sviluppare uno spirito critico, autonomo. Ci faceva leggere i giornali stimolando il dibattito, la riflessione, l'analisi e, Dio, come si arrabbiava quando non riuscivamo ad avere idee nostre prendendo in prestito quelle degli altri! Da ragazzina, un po’ come adesso, ero puntigliosa e caparbia, perciò talvolta alquanto irritante. Del Papa m’intimoriva, certo, ma, se chiedeva la mia opinione, il timore non m’impediva di esprimerla francamente, giusta o sbagliata che fosse secondo il suo giudizio. Ebbene, una mattina decise di portarci a fare un giro. Una gita, per noi che non vedevamo l’ora di fare altro, di non stare a scuola, ma la passeggiata fu brevissima, appena qualche decina di metri. Da Via San Nicolao, infatti, ci ritrovammo di fronte all’ingresso principale di Villa Bottini, in Via Elisa. Ci disse che la Villa, all’epoca quasi un rudere fatiscente circondato da una selva inestricabile di piante incolte, era stata occupata da alcuni giovani che avevano intenzione di recuperarla per destinarla ad attività culturali, per restituirla alla città. Fine delle spiegazioni. Facemmo il giro dell’edificio, arrancando tra sporcizia, bottiglie vuote, sacchi a pelo, cicche e fogli di carta dappertutto, gente un po’ persa che non si curava affatto della nostra presenza, che forse nemmeno la notava. Ero una ragazzina schizzinosa e forse anche un po’ reazionaria – tutto quel pattume, quella confusione, quel degrado, cozzava con il mio senso dell’ordine, della pulizia e del bello. Quando poi vidi alcune pareti affrescate imbrattate con scritte che forse erano già lì al momento dell’occupazione, mi montò una rabbia che se ci penso la sento ancora. Tornammo in classe e Del Papa ci chiese cosa ne pensassimo: in mezzo a tanti balbettamenti, la mia indignazione svettò limpida e marziale come un suono di tromba. Dissi un sacco di sciocchezze, le stesse che entrando al Bar, oggi, si possono ascoltare contro gli zingari, colpevoli di essere sporchi, razziatori e senza casa, quasi che sia una colpa non averla. L’ho detto, ero una ragazzina irritante. Capivo e apprezzavo lo scopo dell’occupazione, ma allora perché quel degrado insopportabile? Perché accamparvisi in quel modo così promiscuo? Perché tanto squallore? Solo tre anni dopo, ritrovandomi a vivere in strada, frequentando persone più grandi di me almeno di 20 anni - perlopiù provenienti dalle lotte studentesche, dalle esperienze artistiche Under Ground, dai viaggi in India, dal femminismo, dai primi tentativi poi miseramente naufragati di sdoganare anche a Lucca una certa libertà sessuale - tutto mi fu chiaro e la mente si aprì. Oggi so che dobbiamo il recupero di Villa Bottini a quei giovani, che l’occupazione (invero nata un po' fiacca e nel '77 sostanzialmente già esaurita) fu il colpo di coda di una stagione straordinaria, il ’68, che chiedeva radicali trasformazioni sociali, che attraversò Lucca senza minimamente intaccarla, dalla quale non germinò il terrorismo, come molti credono, ma che il terrorismo (o meglio, coloro i quali se ne servirono per rimettere le cose a posto) svilì, zittì, in buona parte vanificò. Il 16 Marzo del 1978, Aldo Moro fu rapito. Ero a scuola, quella mattina. Ricordo nitidamente l’atmosfera surreale che si venne a creare, i volti sconvolti degli insegnanti, il bisbigliare, il loro rincorrersi nei corridoi. Ebbi la netta sensazione che il mondo fosse sull’orlo di un precipizio. Dopo 55 giorni di prigionia, le Brigate Rosse fecero trovare il suo corpo in Via Caetani, a Roma. Sebbene l’uccisione di Moro non abbia alcun collegamento con l’occupazione della Villa, di certo il clima che si respirava nei cosiddetti anni di piombo con le leggi antiterrorismo che ne derivarono e il desiderio crescente che lo Stato riprendesse il controllo del paese, a qualunque costo, ebbero un peso nel processo sicuritario che portò allo sgombero dell’edificio, alla sua acquisizione da parte della Regione Toscana e al suo restauro completato a tempo di record. La Villa fu poi affittata al Comune di Lucca che oggi, se non sbaglio, ne è unico proprietario. Attualmente, le condizioni di conservazione sono pessime. A parte il crollo del muro di cinta su Via Santa Chiara avvenuto nel 2007 (di cui ho ampiamente parlato QUI), vi è una situazione di generale degrado alla quale sarebbe opportuno porre rimedio, anche perché Villa Bottini è utilizzata come ambiente di rappresentanza del Comune, ospita mostre, convegni, il cinema all’aperto d’estate, iniziative collegate ai Comics & Games ed altre attività - non è un bel biglietto da visita accogliere cotante personalità ed eventi in un ambiente degradato. Non so l’interno (in cui, tra l’altro, vi sono gli affreschi di Ventura Salimbeni eseguiti dopo il 1593), ma l’esterno fa veramente tristezza. Il giardino è più o meno curato (ci mancherebbe che non lo fosse!), ma problemi vistosi si hanno a quel che resta del muro di cinta nel suo complesso, al pregevole seppur modesto ninfeo attribuito al Giambologna che versa in stato di totale abbandono cadendo letteralmente a pezzi, al piccolo edificio con cupola a squame (o scaglie) in terracotta sul lato del ninfeo stesso, ai portoncini, alle finestre e ai portali del muro di cinta pare ideati dal Civitali e il Buontalenti, alla facciata della Villa e ai suoi infissi, al tetto che fa (o faceva) acqua. Vi sono, poi, problemi di sporcizia perché, come nelle case delle signore abbienti che si danno tante arie ma risparmiano sulla collaboratrice domestica, quel che conta è l’apparenza – meglio non andare a curiosare negli angoli, sotto il tappeto. Negli anni Novanta, quando ancora Villa Bottini era un luogo fresco di restauro, vi ho realizzato alcune delle foto più belle tra quelle scattate a Lucca. Dalle numerose fontane guizzava l’acqua, nelle vasche vi erano i pesci rossi, le pietre e i marmi del ninfeo erano puliti, il parco ospitava rassegne teatrali e musicali di alto livello, gratuite – insomma, viverla, passarvi le giornate e le serate era un piacere accessibile a tutti. Memorie, ahimé, di un tempo passato, un tempo perduto.
APPROFONDIMENTO
Sono tornata ed ho guardato sotto il tappeto. La situazione è di gran lunga peggiore di quanto si possa rilevare ad una prima occhiata distratta, per quanto allenata a cogliere sfumature e magagne. Graffiti; cartelli rotti; macerie ammonticchiate; il sistema antincendio esterno danneggiato (c'è da chiedersi se al bisogno, Dio non voglia, funzionerebbe); spazzatura ovunque in grande abbondanza (in particolare all'interno delle fontane, utilizzate come cestini dei rifiuti); il giardino trasformato in parcheggio e defecatoio per gli animali domestici portati tranquillamente a passeggio dai residenti (nonostante i cartelli di divieto che, seppur rotti, vi sono ancora); rastrelliere per biciclette inservibili, nascoste tra la vegetazione, DIETRO gli idranti vandalizzati; senza parlare, ancora, del Ninfeo, devastato, non sorvegliato, quindi facilmente accessibile ai malintenzionati che, come ho fatto io del tutto indisturbata, possono infilarsi ovunque, facendo ciò che vogliono. Nonostante le numerose segnalazioni, le lamentele, il degrado cresce di mese in mese, nella manifesta e colpevolissima indifferenza del Comune, ma forse questa è una strategia attuata per scoraggiare l'interessamento dei cittadini verso la cosa pubblica. Confesso che di fronte a tanta sordità, la tentazione di arrendersi è enorme, ma poi penso a quanto mi (ci) costa in termini economici finanziare le scelte spesso assurde dei nostri amministratori e proprio non mi va giù che almeno una piccola parte di questi soldi non siano utilizzati per darmi l'illusione che a qualcosa serva andare a votare - allora prendo la macchina fotografica e ripercorro i miei passi, perché sono masochista. Un giorno mi stancherò, ma quel momento non è ancora arrivato. Seguitemi, dunque, in questa visita guidata alternativa all'interno di Villa Bottini, scorrete le immagini una dopo l'altra - rimarrete di stucco... P.s.: Neanche farlo a posta, oggi 13 Aprile 2015, giorno in cui aggiorno questa scheda, il Sindaco Alessandro Tambellini è a Villa Bottini per una conferenza. Stai a vedere che per l'occasione una sistemata l'hanno data. Andrò a controllare e se ho ragione...
APPROFONDIMENTO DELL'APPROFONDIMENTO 16 Aprile 2015
Informo gli interessati che i bagni chimici di Villa Bottini, oltre che inqualificabili per i motivi già ampiamente illustrati, sono anche chiusi, quindi del tutto inutili. Informo, inoltre, che nemmeno la presenza del Sindaco e di un Ministro della Repubblica sono serviti a dare una sistemata - è tutto esattamente com'era a Febbraio del 2015, spazzatura compresa. Informo, ancora, che la situazione di degrado del Ninfeo è notevolmente peggiorata da allora. Nessuno si è minimamente preoccupato di chiudere in qualche modo la porta di accesso alla rimessa che è rimasta aperta tutto questo tempo, quindi vi lascio immaginare cosa c'è là dentro adesso in termini di sporcizia e schifezze - vi sono già stati fatti anche i primi danni dato che i preziosi discendenti pluviali due mesi fa erano integri ed oggi alcuni non lo sono più. Ho provveduto a chiudere la porta io stessa come ho potuto, poche ore fa, ma naturalmente non è sufficiente. Chi ha imparato che a Villa Bottini si può fare tutto quello che si vuole, non si lascerà certamente scoraggiare da una tavola di legno appoggiata su una porta accostata. Il Ninfeo dev'essere immediatamente chiuso al pubblico. Verrà giù, prima o poi, ma almeno non avremo accelerato i tempi della sua distruzione permettendo a sciamannati e deficienti di farlo a pezzi. In ultimo, informo che la recinzione modulare su Via Santa Chiara è pericolante - anche lei. Fate attenzione! Non parcheggiateci accanto e passate stando sull'altro lato della carreggiata. Non sia mai che non si abbiano avuti morti e feriti per il crollo del muro in pietra e se ne abbiano, invece, per il crollo di quelle ciofeche indegne.
AGGIORNAMENTO 21 Settembre 2016
Questa scheda sta diventando chilometrica, ma cosa posso farci io se ogni volta che faccio un giro a Villa Bottini trovo peggioramenti da segnalare? E' anche per questo che negli ultimi mesi l'ho evitata: mi fa star male vedere un tale scempio, ma tant'è... Dunque... a parte la ricostruzione del muro di cinta (unica nota positiva), il livello di sporcizia è il medesimo (lattine di bibite energetiche accolgono i visitatori all'entrata, ma ovunque si può trovare di tutto); permangono le auto parcheggiate all'interno; permane e cresce lo stato di degrado degli infissi; l'edificio continua a perdere pezzi (letteralmente) lasciati dove cadono, così abbiamo il caso di una grossa pietra del portale frontale d'ingresso che si è staccata ed ora giace in terra, di fronte alla porta, in cima alla scalinata, per entrare, quindi, occorre scavalcarla; nonostante le molte attività che vi si svolgono, le colonnine degli idranti sono ancora danneggiate; permangono e aumentano i graffiti, così come sono ancora presenti i fatiscenti bagni chimici che nemmeno in una baraccopoli si troverebbero, ma quel che è peggio è lo stato del ninfeo. Dopo aver accoratamente e ripetutamente chiesto la sua chiusura, sia per proteggerlo dai vandali e dai ladri, sia per impedire che fosse utilizzato per i festini a base di sesso, droga e alcol, è stato, ahimé tardivamente, transennato. Ora, se si è persone rispettose e civili, non vi si può più entrare, ma se non lo si è, le transenne non sono di certo un ostacolo insuperabile ed anzi, dato che il parco non è custodito e nessuno controlla, l'area adesso è ancor più riservata per chi voglia farci i suoi porci comodi. Le condizioni del ninfeo, per quello che ho potuto osservare dall'esterno, nell'ultimo anno sono enormemente peggiorate e il fatto di non impedire la crescita della vegetazione al suo interno, non lo migliorerà.
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