Pagina creata nel Novembre 2015 |
Aggiornata
Sabato 19-Mag-2018
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Questa pubblicazione, dedicata alla storia di Palazzo Bernardini e alle sue vicende costruttive e decorative, si inserisce nel ventaglio delle iniziative a solennizzazione dei 70 anni della fondazione della nostra Associazione e vuole essere un riconoscimento ai nostri fondatori, che vollero questo Palazzo nuovamente come sede della loro Associazione e ai Presidenti che, nel tempo, si sono impegnati in una lunga serie di lavori di ristrutturazione e restauro, compiuti con la costante preoccupazione di mantenere intatto tutto quanto nel palazzo è antica espressione di arte. Un sentito ringraziamento va alla storica Claudia Nardini e alla fotografa Cinzia Ricci, per aver interpretato in modo originale il compito di illustrare la storia del Palazzo accompagnandola con la riproduzione di particolari e dettagli, che, posti in primo piano, finiscono per acquistare una loro autonoma forma espressiva, tradotta anche in formato di cartolina. Il tutto va a costituire un contenitore realizzato in forma di cofanetto, che la pregevole veste tipografica contribuisce ancor più a valorizzare. Per gli industriali lucchesi è motivo di legittimo orgoglio aver restituito all'antico splendore e ridato vita ad uno dei palazzi cittadini più belli, nella consapevolezza che il prestigio conferito dalla struttura alla sede racchiuda un suo valore ideale. La Presidente, Cristina Galeotti
IL PALAZZO E LA SUA STORIA
Palazzo Bernardini fu fatto costruire agli inizi del Cinquecento (1517-1523) per volontà di Martino Bernardini, uomo di profonda cultura, amante delle arti ed esponente di spicco dell'oligarchia cittadina. L'edificio originario, che già ospitò l'Unione Industriali e che da settanta anni è sede dell'Associazione Industriali di Lucca, mostrava, con un'eco albertiniana, un aspetto diverso da quello attuale; di dimensioni minori sia in larghezza che altezza la facciata originaria contava solo sei paraste bugnate, fra le quali si aprivano quattro finestre, munite di inferriata, al piano terreno, con portale anch'esso bugnato e rosta, mentre ai piani superiori erano presenti bifore, semplici finestre centinate e l'altana. La Domus Magna Bernardini, - valorizzata grazie alla costruzione ad angu/um, che conferiva privilegia all'edificio, prerogativa riservata solo ai più importanti palazzi cittadini -, sorse significativamente sul decumano massimo, una delle due vie principali della città. L'edificio, oggetto di un importante resty/ingalla fine del Settecento, fu ampliato, pur nella riproposizione delle stesse forme delle lesene e delle cornici cinquecentesche; ma forse il cambiamento di maggior impatto fu riservato alla decorazione degli interni affiancando ed ampliando gli interventi precedenti. Anche la piazza antistante fu realizzata nel 1785, come prospettiva necessaria per accrescere l'imponenza e la magnificenza del Palazzo, smantellando abitazioni, botteghe e addirittura un edificio sacro, la chiesa di Santa Maria "in Via". Ancora oggi sono visibili e bene riconoscibili gli interventi settecenteschi (che individuiamo anche per la qualità dei materiali) che sostituirono le bifore del primo piano con le ampie finestre centinate e prolungarono le ali laterali dell'edificio. I documenti e le carte d'archivio non hanno ancora evidenziato con certezza il nome dell'architetto che progettò l'edificio, ma evidenti confronti stilistici permettono di avvicinare il Palazzo al nome di Nicolao Civitali (1482- dopo 1560), figlio di Matteo, che introdusse a Lucca le aggiornate tipologie fiorentine del palazzo di città e della villa suburbana. Nicolao Civitali, era quasi coetaneo di Martino Bernardini; fu eletto Anziano della Repubblica Lucchese e, partecipando all'ambiente in cui si muovevano i suoi committenti, si rivelò l'artista più adatto ad esprimerne gusti e aspirazioni, proponendo architetture di raffinato equilibrio e armonia ritmica. Come in quasi tutti i palazzi rinascimentali, anche nel Palazzo Bernardini è presente un cortile, importante spazio vivo della quotidianità, dove si organizzavano feste e ricevimenti e in estate; coperto da tendoni, veniva usato, come era in uso all'epoca, come salotto, adornato con quadri, sculture e mobilio per la piacevolezza degli ospiti. Dagli inventari risulta che il Palazzo fosse ricco di oggetti d'arte soprattutto di pregevoli marmi romani e medievali, sculture in bronzo e bassorilievi che ornavano il loggiato, e di una pregevole serie di mobili, quadri e arredi, collezione oggi dispersa: molti arredi furono acquisiti da Elisa Bonaparte, Principessa di Lucca e Granduchessa di Toscana per Palazzo Pitti e alcuni di essi, da qui, dopo la reggenza di Firenze a capitale d'Italia, sono passati con i Savoia a Roma, dove ancora oggi fanno parte degli arredi del Quirinale; tra questi, ben riconoscibili dalla presenza dello stemma Bernardini alcune sedie e divani. Nell'elegante cortile del Palazzo, che tra Settecento e Ottocento subì alcune modifiche, notiamo le colonne e le paraste che, sormontate da capitelli compositi sono rese più snelle dall'utilizzo del dado brunelleschiano, introdotto in città da Matteo Civitali. Una scala coperta a volta, con forme ancora originarie, ci accompagna al piano superiore nella straordinaria Sala di Rappresentanza sovrastata da un ricchissimo e prezioso soffitto a cassettoni in legno dipinto con motivi decorativi e figure allegoriche che custodiscono una lettura iconologica ancora insoluta; il soffitto è cronologicamente collocabile intorno al 1523, anno in cui, secondo i documenti, la dimora fu ultimata. Tra le varie immagini simboliche si nota, più volte riproposto, lo stemma Bernardini: la croce di Sant'Andrea bianca con una mezza luna e il cimiero con la testa di moro. Alla fine del Seicento, in occasione dell'importante matrimonio celebrato nel 1698 tra Federico Bernardini e Beatrice Arrigoni di Mantova, si provvide ad un riassetto decorativo del Salone di Rappresentanza. Per l'occasione fu chiamato il lucchese Filippo Gherardi la cui pittura è contaddistinta dall'utilizzo di appariscenti e grandiose composizioni ricche di effetti decorativi e vivace cromia. Il Palazzo è corredato da una splendida altana risalente alla configurazione cinquecentesca originaria, divisa in due suggestivi e panoramici salottini, decorati nell'Ottocento con deliziose vedute raffiguranti alcune delle ville Bernardini costruite nel contado lucchese. Da questo luogo, uno dei più affascinanti di Lucca, è possibile lasciarsi catturare dalla splendida veduta della città attorniata dall'abbraccio delle sue colline. Il Palazzo Bernardini è da circa settanta anni la prestigiosa sede dell'Associazione Industriali di Lucca che ha provveduto con amorevole dedizione all'impegnativa opera di ristrutturazione e restauro durata alcuni decenni e portata avanti nel rigoroso rispetto delle sue caratteristiche storiche ed artistiche. L'Associazione, aderendo ad istanze rivoltele affinché fosse evitato che uscissero da Lucca, ha acquistato alla fine degli anni Settanta, due dipinti di Pompeo Batoni (degno di nota il dipinto con un ritratto di un Bernardini) e una Natività del Jordaens, che, nel passato, portata in dote da una Olandese, era pervenuta attraverso matrimoni al patrimonio dei Mansi, passando anche da Palazzo Bernardini.
LA FAMIGLIA BERNARDINI - I PERSONAGGI
Quella dei Bernardini è stata una delle famiglie lucchesi più note e potenti nel Cinquecento, casato che, con virtù e prudenza, seppe conservare magnificenza e grandezza. Numerosi i personaggi di rilievo, fra i quali spicca la figura di Martino Bernardini (1487-1568) patrizio lucchese che fu attento e prudente mercante ma anche mecenate e uomo di cultura con conoscenze e relazioni a livello europeo. Dotato di un grande senso degli affari gestì una grande compagnia mercantile attiva in commerci e operazioni bancarie e raccolse una cospicua fortuna. La sua formazione nell'ambiente umanistico di primo Cinquecento orientato agli ideali di serenità e al mito del Pacifico et Populare Stato contribuì a fare di lui un apprezzato esponente dell'oligarchia cittadina; al suo nome è legata la cosiddetta Legge Martiniana, da lui proposta e fatta approvare nel 1556 con la quale si stabilì che non potessero aspirare alle cariche della Repubblica Lucchese i nati da padre forestiero, eccezion fatta per gli stranieri cui fosse stata concessa la cittadinanza e le famiglie del contado i cui membri avessero già rivestito cariche pubbliche; una riforma che accentuò il carattere elitario della Repubblica preparando il futuro accentramento dell'autorità nel patriziato cittadino. Nel 1522 Martino fronteggiò in modo energico la Congiura dei Poggi e nel 1531 ebbe un ruolo rilevante nella repressione della Rivolta degli Straccioni dove la sua opera di mediazione e la sua moderazione giunsero a farlo definire come "il nobile che più ce l'aveva con gli altri nobili e che maggiormente favorì le richieste popolari". Giovanni Bernardini nato nel 1486, fratello di Martino e padre di Giuseppe, sposato a Chiara Cenami, fu esponente di primissimo piano dell'aristocrazia mercantile lucchese, muovendosi dal commercio all'attività manifatturiera, dalle operazioni cambiarie ai prestiti ai re. Giuseppe Bernardini nato nel 1524 e definito da Nicolao Granucci "il magnifico messer [ .. ] tanto delle Muse amico", riassunse in sé le aspirazioni culturali del padre e dello zio e fece parte, giovanissimo, del cenacolo culturale che orbitava intorno a Francesco Robertello, chiamato in città per animare gli studia Humanitatis. Giuseppe Bernardini fu promotore di quella che Antonio Mazzarosa definisce una "privata società per dotti esercizi" frequentata da eminenti cittadini lucchesi per la quale (ci racconta ancora il Mazzarosa) egli fece venire a Lucca dalla Francia "il concittadino Ascanio Santini per istruire nella sfera e nella morale d'Aristotele". La famiglia Bernardini, che ben conosceva le insidie della sorte a cui sono sottoposti i mercanti, per controbilanciare i rischi dell'impresa commerciale non trascurò gli investimenti fondiari, acquistando terre e fabbricati ed edificando ville e palazzi nel contado lucchese. Infatti Martino Bernardini riuscì a costituire un vasto patrimonio immobiliare: tra le ville Bernardini ricordiamo la Villa di Massa Pisana (con il delizioso teatro di verzura) e la Villa di Coselli denominata delle "Quattro Torri" per il suo aspetto fortificato neofeudale.
LE DECORAZIONE DEL PALAZZO
Gli affreschi della Sala di Rappresentanza, posta al primo piano del palazzo, eseguiti da Filippo Gherardi in occasione del matrimonio tra Federico Bernardini e Beatrice Arrigoni, celebrato nel 1698, si presentano come quadri racchiusi entro una cornice dorata; i soggetti degli affreschi, che si fronteggiano sulle due grandi pareti, attingono dalla classicità e si propongono come una sorta di exemplum, uno positivo e uno negativo. Sulla parete est è raffigurata la Famiglia di Dario di fronte ad Alessandro, l'esempio retto da seguire, sulla parete ovest è raffigurata Tulfia che travolge il corpo del padre Servio Tulfio, l'esempio negativo. Nella prima scena si esalta la clemenza di Alessandro Magno verso la famiglia di Dario, nella seconda composizione si denuncia il comportamento di Tullia rea di aver predisposto una congiura contro il padre per detronizzarlo e far salire al trono il consorte Tarquinio il Superbo. Ai lati dei riquadri sono disposte delle splendide colonne tortili e una balaustra oltre la quale si scorge un ricco giardino animato da fanciulli riccamente abbigliati. Sulle pareti nord e sud del salone campeggiano stemmi accoppiati sorretti da coppie di giovani virili realizzati a monocromo. I due stemmi ricordano l'unione, la continuità e la nobiltà familiare che si tramanda attraverso le unioni matrimoniali come il legame, prima, tra Francesco Bernardini e Caterina Santini e poi quello del loro figlio Federico con Beatrice Arrigoni. Interessanti e ricchi di messaggi allegorici sono i motti decorati sotto gli sguanci che accompagnano i paesaggi affrescati all'interno di cartigli, dai quali si percepisce nuovamente l'importanza dell'unione e della continuità familiare. Nel XVIII secolo risultano esserci nuove aggiunte all'apparato decorativo, si interviene in due nuovi ambienti al piano nobile e al piano terreno con pitture con intelaiatura quadraturista illusionistica che dilata gli spazi. Gli ambienti al primo piano come la sala dell'Apoteosi di Ercole con stile avvicinabile ai modi di Francesco Antonio Cecchi e Antonio Contestabili e quella dell'Allegoria dell'Aurora stilisticamente accostabile ai nomi di Giovanni Antonio De Santi e Lorenzo Castel lotti; le decorazioni di tali ambienti verosimilmente furono promosse in vista delle nozze tra Federico Bernardini e Luisa di Paolino Santini, celebrate nel 1781. Altri pregevoli interventi pittorici sono collocabili nel XIX secolo come la Sala con decorazione "a boscareccia" e altri ambienti, le cui decorazioni sono accostate al nome del pittore lucchese Francesco Bianchi, detto per la sua maestria 'il diavoletto' (Lucca, 1803-1880).
Finito di stampare nel mese di Novembre 2015 Maria Pacini Fazzi Editrice
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