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Mercoledì 14-Mar-2018
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Francesco Petrini INTRODUZIONE Una storia – Un Progetto (I)
1. Potenza di forza motrice (si ha l'acqua gratis) 900 cavalli dinamici. Queste sono le tre condizioni "per la ricchezza" delle industrie indicate dalla Società italiana per le industrie tessili Emanuele Balestreri e C., in occasione dell'apertura di una sottoscrizione di azioni. E tutte e tre erano presenti nella pianura lucchese attraversata dal fiume Serchio e dal Pubblico Condotto che, dall'incile di Ponte a Moriano percorreva tutta la pianura delle Sei Miglia, entrava nella Città murata e ne usciva gettandosi nell'Ozzeri. C'era innanzitutto l'acqua, fonte perenne di energia a basso costo: quella del fiume con una potenza di forza motrice, dal Ponte di Campia al Pubblico Condotto, di 8500 cavalli e quella del Condotto derivato dal fiume, costruito dalla Repubblica lucchese 4 secoli prima ad uso dei mulini, con una potenza di forza motrice di circa 2000 cavalli. E c'erano operai“sicuri": su questo punto convergono i pareri di tutti, imprenditori e Autorità. Dal punto di vista socio-economico la Lucchesia, prima dell'avvento degli imprenditori "forestieri", presentava una situazione di carattere “protoindustriale”. La fabbrica più importante del Comune, l'unica che arrivasse a 1000 operai, era la vecchia Manifattura dei Tabacchi, che alla fine del secolo XIX, arriverà ad impiegare 1750 persone, soprattutto donne: le sigaraie o "sigariste", che daranno vita alle prime lotte significative della classe operaia lucchese. Ma le 22 piccole industrie citate nella relazione della Camera di Commercio del 1864 impiegavano complessivamente circa 1400 persone. Si può ora ben intendere l'importanza che assunse il nuovo stabilimento di Ponte a Moriano, che in poco tempo darà lavoro a 1000 operai, seguito dagli stabilimenti Niemack con 400 e poi 600 operai e dal cotonificio Sciaccaluga con circa 700 operai. Tutti e tre industrie tessili. Dai 7803 addetti alle lavorazioni industriali nel comune di Lucca rilevati dal censimento del 1881 (quando da un anno era stato inaugurato lo Jutificio Balestreri), si passa ai 10.427 del 1901; in percentuale dal 14% al 17,2% della popolazione classificata per professioni. Dei lavoratori dell'industria, secondo dati raccolti nella Statistica industriale del 1900 (quindi relativa alla situazione di uno o due anni prima, comunque i dati raccolti non sono cronologicamente omogenei), 1500, per 2/3 donne, lavorano negli stabilimenti Balestreri; 660, 500 donne, al cotonificio Sciaccaluga e C.; 455 degli stabilimenti della Società fabbriche italiane di filati cucirini già Niemack. Quindi 2615 persone. 1/3 degli addetti all'industria (e fra di essi nei censimenti si conteggiavano anche gli addetti ad attività artigianali, tipo falegnami, tappezzieri, macellai, ecc. - se si considerassero gli operai dei soli opifici, la frazione indicata assumerebbe un valore maggiore) nel Comune di Lucca, lavoravano nelle tre fabbriche sorte nell'ultimo ventennio dell'Ottocento lungo la direttrice fiume-Condotto Pubblico, dalle cui acque utilizzavano una forza motrice della potenza di 1300 HP. Da una relazione manoscritta conservata nell'Archivio Comunale di Lucca, risulta che lo Jutificio Balestreri importava 5040 tonnellate di materie prime all'anno e esportava 3520 tonnellate di materie lavorate. Il cotonificio Sciaccaluga importava 2720 tonnellate e ne esportava 1830: “Sopra una importazione totale di 8600 tonnellate ed una esportazione di 6750 senza tener conto del movimento per strada ordinaria con le finitime province di Pisa, Firenze, Modena, Massa Carrara“. Le caratteristiche indicate dal Merli a sostegno della tesi che pone la nascita della rivoluzione industriale italiana a partire dal 1880 — mentre altri Autori la pospongono al 1896 o addirittura al 1900 — sembrano dunque, sia pure con alcune differenziazioni, esistere anche nella realtà lucchese. Da tempo si verifica in Lucchesia la progressiva diminuzione del numero delle piccole filande (da 82 nel 1878 a 37 nel 1899 in tutta la Provincia); nell'ultimo ventennio del secolo sorgono fabbriche di una certa dimensione con relativo aumento e concentrazione degli operai occupati ed infine si ha l'accrescimento della potenza dei motori senza che vi sia da noi, per la presenza di energia idrica a buon mercato, consumo rilevante di combustibili fossili. Aggiungiamo poi il fenomeno dell'immigrazione di mano d'opera da altre province e la nascita di villaggi operai, le nostre piccole “Città sociali”. La rilevanza del processo di industrializzazione in Lucchesia emerge anche dal confronto fra le percentuali degli addetti all'industria (sulla popolazione totale) nel Comune di Lucca rispetto alla Provincia e alla Toscana: percentuale di addetti all'industria nel 1901, rispetto alla popolazione totale: Comune di Lucca 13,45%; Provincia di Lucca 10,4%; Toscana 12,5%. A partire dal 1880, nascono intorno alle fabbriche tessili collettività operaie formate da intere famiglie di immigrati: uomini, ma soprattutto donne e bambini, lavorano per 12/13 ore al giorno in fabbrica, i fanciulli delle campagne vengono mandati da Balestreri o da Sciaccaluga per sostenere la misera economia della famiglia contadina. Il “tram” a vapore porta quotidianamente allo Jutificio decine di operaie provenienti dai più lontani paesi del Comune, altre alloggiano nei dormitori. La forza centripeta del sistema di fabbrica si sviluppa nell'arco di tempo di una generazione, sicché anche in Lucchesia, come in più importanti centri industriali italiani, "l'infante proletariato italiano" trova "nell'industria tessile la sua culla dolorosa" (R. Morandi, Storia della grandeindustria in Italia, Torino 1966, pag. 135).
(II)
Quello sopra descritto rappresenta il contesto storico che ha fatto da sfondo al Progetto di Archeologia Industriale e Storia Sociale riguardante l'industrializzazione in Lucchesia negli ultimi 20 anni del secolo XIX e nei primi anni del secolo XX. Si è partiti dall'idea di una ricerca documentale e sul campo finalizzata alla individuazione di un percorso culturale e turistico ideato allo scopo di far conoscere il ricco patrimonio di Archeologia industriale presente nel nostro Comune e particolarmente nel territorio delle storiche Sei Miglia. Per quanto riguarda il sottoscritto, che ha coordinato il lavoro del Gruppo di ricerca costituitosi a partire dal novembre 2013, si trattava anche dell'urgenza di offrire ai cittadini lucchesi i risultati di vecchi studi sull'industrializzazione nel nostro territorio. Urgenza concretizzatasi solo in parte con la pubblicazione di un Saggio nella Rivista semestrale dell'Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea “Documenti e Studi” (1986). Da allora sono stato spesso sollecitato a raccontare ad un pubblico sempre attento e partecipe, le vicende dell'imprenditore che diede vita allo Jutificio di Ponte a Moriano e di un intera comunità che visse con reazioni e sentimenti diversi e non pochi traumi l'avvento della grande fabbrica. Il discorso si allargava poi necessariamente a tutto il processo di industrializzazione che ebbe inizio, per Lucca e il suo Contado, negli ultimi venti anni del secolo XIX. L'interesse che tali studi hanno determinato nei Consiglieri Comunali della Commissione Cultura - in occasione di un incontro promosso dall'allora Consigliera Alda Fratello - e nell'Assessore alla Cultura Patrizia Favati, mi spinsero a coinvolgere un gruppo di giovani amici in una attività di ricerca che ci portò, dopo una serie di incontri, ad abbozzare una prima idea progettuale (estate 2013). Da novembre 2013 iniziarono quindi incontri quindicinali di verifica in itinere, presso l'Agorà. Nel febbraio 2014 venne presentato - come sezione di un progetto complessivo “Must-Museo della Città” alla Fondazione della Banca del Monte di Lucca -, un Progetto, con questa denominazione: “Progetto di Archeologia Industriale inserito nel percorso del Museo della Città (Must) e riguardante l'industrializzazione a Lucca dalla fine dell'800 ai primi anni del 900". A conclusione di questo percorso, posso affermare che la nostra ricerca ha sostanzialmente conseguito le Finalità e gli Obiettivi concreti proposti fin dalla prima Ipotesi Progettuale e dai successivi aggiustamenti, riguardanti soprattutto la specificazione degli obiettivi di Archeologia Industriale che ci ha portato a focalizzare l'attenzione sulle unità produttive presenti all'epoca lungo il Pubblico Condotto, mentre sono rimasti sostanzialmente immutati gli obiettivi di Storia sociale. Il nostro lavoro ci permette così di disegnare un percorso, un viaggio nello spazio e nel tempo che parte a nord dell'incile del Pubblico Condotto laddove, 5 anni dopo l'inaugurazione dello Jutificio Balestreri, venne costruito il Cotonificio di un altro genovese, Carlo Sciaccaluga. Così descrive la Fabbrica il giornalista della Nazione Antonio Morosi: “Una diga bellissima raccolse le acque del Serchio che per un canale lungo 900 metri, e una cascata di 10 metri, svilupparono, nella fabbrica, una forza di 600 cavalli, alimentando una potente turbina”. (A. Morosi, La città industriosa. Lucca alla fine dell'Ottocento, 1898, a cura di U. Sereni, Lucca 1997). Anche qui si tratta di un'industria tessile, un cotonificio che produceva 500 chilogrammi di filo di cotone al giorno e, scrive lo Sciaccaluga al Sindaco di Lucca, spediva “giornalmente cinque tonnellate, che ci arrivano in merce greggia e che riparte lavorata” (lettera del 22 marzo 1888). E intorno alla fabbrica, che presto impiegherà 700 operai, venne costruito dal nulla, in località Piaggione del Boccella, un Villaggio operaio che oggi costituisce la borgata del Piaggione. La Fabbrica, come tutte le industrie tessili che attingevano direttamente o indirettamente la forza motrice dal fiume Serchio, ha cessato di produrre nella seconda metà del secolo scorso. Si procede verso sud per quella che si chiamava Via Nazionale, oggi via del Brennero, fino all'incile del Pubblico Condotto davanti all'antica trattoria da “Erasmo”, qui aveva inizio quello che Gaia Petroni ha, in maniera appropriata, definito “un sito di interesse archeologico industriale esteso e disseminato di piccole e grandi fabbriche” (G. Petroni, Il Condotto Pubblico di Lucca. La storia e il patrimonio industriale, Lucca, 2001) e da qui attraversando la pianura delle Sei Miglia fino ad entrare nella “Città murata” e ad uscirne per gettarsi nell'Ozzeri, possiamo andare alla ricerca delle attività produttive che connotarono il processo di INDUSTRIALIZZAZIONE della Lucchesia, a partire dagli ultimi 20 anni del secolo XIX. Non c'è più traccia delle 2 filande Perotti e Davini ma, dopo il primo chilometro dall'incile, possiamo ancora ammirare gli imponenti fabbricati dell'ex Jutificio (1880) e dell'ex Linificio-Canapificio Balestreri (1890) da salvaguardare attraverso il riconoscimento di BENI CULTURALI, così come la ex Cucirini Cantoni Coats all'Acquacalda e il sito archeologico del Molino di Mezzo a San Pietro a Vico. Abbiamo descritto con Schede di base, di approfondimento e più ampi Percorsi di approfondimento 28 opifici dall'incile fino al Molino San Iacopo; 9 a sud dell'antico Molino all'interno delle Mura e 1 a sud delle Mura. In totale 38 opifici, indicando di ciascuno l'anno di fondazione e/o di concessione della forza motrice, la ragione sociale e note sulla attività produttiva nonché sulla potenza della forza motrice impiegata. Oltre a questi abbiamo schedato altri opifici che non attingevano forza motrice dal Pubblico Condotto ma facevano parte integrante del tessuto produttivo. Quando è stato possibile, abbiamo arricchito le schede con planimetrie e foto attingendo al notevole materiale custodito nell'Archivio Comunale del Comune di Lucca, nella Biblioteca Governativa e nell'Archivio di Stato. Alla riscoperta del paesaggio industriale, dei resti materiali del modo di produzione industriale, dei monumenti industriali, abbiamo affiancato la descrizione delle condizioni di vita e di lavoro delle donne, manodopera largamente prevalente nel settore tessile e dei bambini, affrontando tematiche proprie della Storia Sociale. Tutta la ricerca presenta aspetti di Work in Progress. L'ampia tematica affrontata merita infatti un approfondimento, per cui pare opportuno proporre l'eventualità di proseguire il percorso. Come ho scritto all'inizio, la nostra ricerca è durata circa 2 anni fra molte difficoltà dovute a diversi fattori, non ultimo l'incertezza di governance nel settore della cultura all'interno del Comune di Lucca. Il primo passo è compiuto, i risultati del nostro lavoro verranno giudicati dai nostri Committenti e dagli studiosi interessati all'Archeologia industriale e alla Storia sociale. Ma, vogliamo sperare, verranno apprezzati dai visitatori italiani e stranieri che saranno invitati a scoprire le tracce del passato in un territorio fino ad ora sconosciuto. La pianura delle Sei Miglia, con le colline che le fanno da corona, testimonia di un felice, antico connubio fra paesaggio agrario e paesaggio industriale: una scoperta per i Lucchesi stessi, un'opportunità di conoscenza e di riflessione per tutti.
Nota: La prima parte (I) di questa Introduzione rappresenta una breve sintesi del primo capitolo del mio Saggio pubblicato nel 1986 sulla rivista “Documenti e studi”, col titolo:“Aspetti dell'industrializzazione in Lucchesia:1880-1901”. Voglio qui ringraziare Maria Virginia Paradisi e Chiara Mazzanti che hanno svolto senza soluzione di continuità l'attività di ricerca e Cinzia Ricci che, entrata provvidenzialmente nel Gruppo nell'ultima fase del nostro lavoro, ha dato un contributo determinante alla sistemazione e alla presentazione di tutto il materiale prodotto.
Francesco Petrini - Coordinatore, autore
RASSEGNA STAMPA
GALLERIA FOTOGRAFICA
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