APPROFONDIMENTO ALLEGATO ALLE SCHEDE n. 009 e n. 010
Nel marzo del 1879 l'imprenditore genovese Emanuele Balestreri (1846-1900) acquista per la somma di L. 383.841,52 i beni espropriati della fallita società Henry e Vignolo che aveva, con esito infelice, costruito un'officina metallurgica nel territorio della parrocchia di Saltocchio (zona prevalentemente rurale che con altre 3 parrocchie costituisce la borgata di Ponte a Moriano, Comune di Lucca), rilevando, a partire dal 1873, la concessione per l'uso delle acque dei 3 mulini sorti nei primi trent'anni del secolo lungo il Pubblico Condotto. I beni consistevano in un fabbricato a “shed” e in una vasta estensione di terreno. Nel febbraio 1880, il Balestreri inaugura una nuova fabbrica, primo Jutificio italiano con un ciclo di lavorazione completo (filatura, tessitura, stampatura e tintoria della Juta). “Il Condotto Pubblico è un canale artificiale lungo circa 13 chilometri nasce dalla sponda sinistra del fiume Serchio a Nord di Lucca (…), si dirige verso la città attraversandola (…). Questo corso d'acqua percorrendo la piana lucchese sin dalla fine del XIV sec., ha fornito forza motrice ai numerosi edifici idraulici impiantatisi lungo le sue sponde (…). Nel territorio interessato da quest'opera di regimazione idrica sono ancora oggi le testimonianze delle diverse attività preindustriali e industriali (…) fu realizzato per volere del Consiglio Generale della Repubblica di Lucca che ne decise la messa in opera il 29 Agosto 1376, e fin dal suo concepimento il canale rispose all'esigenza primaria di rifornire di forza motrice gli opifici macinanti della città” (1). A partire dal 1881 il Balestreri trasformò la steccaia che fin dal XVI sec. incanalava l'acqua del fiume nel Pubblico Condotto in una diga stabile in muratura che permetteva di aumentare il livello dell'acqua alla presa (o incile), allargò il primo tronco del Condotto, dall'incile alla fabbrica, aumentando così il volume dell'acqua da 6 a 17 metri cubi; costruì 2 scaricatoi che permettevano di ripristinare la portata originaria del secondo tratto, dalla fabbrica alla città. Nello stesso anno Carlo Niemack, che aveva già impiantato una fabbrica di cotone in città, installò un nuovo stabilimento a Marlia, lungo il Pubblico Condotto per la produzione di filati di cotone: la futura Cucirini Cantoni Coats (1904).
Il 1881 è anche l'anno della costituzione della “Società di mutuo soccorso dello Stabilimento di Filatura e Tessitura di Juta Emanuele Balestreri” che arrivò, 4 anni dopo, a contare 870 soci (610 donne e 260 uomini). Suo scopo principale era di sussidiare gli operai ammalati: dovevano trascorrere 3 giorni dalla malattia per ottenere un sussidio giornaliero che andava dai 30 agli 80 centesimi. Non erano previsti sussidi per puerperio. La cassa di soccorso si finanziava con la tassa d'ammissione e le multe comminate agli operai. Per stabilire un rapido collegamento fra la fabbrica e la stazione di Lucca che riceveva la Juta proveniente dal porto di Livorno, Balestreri ottenne, nel 1882, la concessione per la costruzione di una “tramvia” a vapore che venne inaugurata nel settembre del 1883 giungendo fino a Porta Santa Maria e nell'anno successivo si arrivò a consentire l'ingresso in città fino a costruire una galleria tagliando un pezzo delle grandiose Mura lucchesi per permettere al tram di giungere a una sua stazioncina prospiciente la stazione di Lucca. Attraverso la tramvia arrivavano alla fabbrica le tonnellate di materia prima importata dalle Indie e gli operai che provenivano da ogni parte della Lucchesia pagando un centesimo a Km per i 10,65 Km del tracciato. La tramvia fu per Lucca un fatto importante: significò la prima, visibile a tutti gli abitanti del contado e della città, modificazione del territorio da parte della fabbrica. E la fabbrica diventò oggetto di attrazione, tant'è che, per frenare l'afflusso dei curiosi desiderosi di visitare lo stabilimento, si fece pagare un biglietto di L. 10 (ottobre, 1883). “La tramvia di Ponte a Moriano è proprietà del Balestreri: i vagoni e le macchine son costruiti nel suo stabilimento, che è addirittura un paese:dove erano che campi sorge ora una serie di edifizi che accolgono circa duemila operai! (…) Il direttore signor Colombino (…) mi fa accompagnare nella lunga visita - è durata 3 ore - dall'ingegnere James Smith, che ha montato tutta la fabbrica (…): Entriamo se vi piace:sulle prime restate sbalorditi dal fracasso delle macchine e dall'imponente spettacolo che vi si presenta dinnanzi. E' immenso lo stanzone principale dove la fibra si trasforma, sotto i vostri occhi, in tela di juta. Un trecento macchine, a dir poco, sono in movimento insieme! Ma a poco a poco ci fate l'abitudine: la vostra guida vi conduce in un primo magazzino, dove le balle della juta, come giungono dall'India, compresse,sono sciolte e passano per una gramola che le allarga: in tal modo le operaie possono dividere le diverse qualità che successivamente passano fra una serie di cilindri stiratori, e son bagnate con l'acqua e l'olio di balena perchè le fibre si ammorbidiscano. Di là le diverse cardatrici formano le lunghissime matasse di juta, che diventa lucida e liscia come seta e che passa al filatoio, dove, secondo la qualità, è filata grossa o fine. Dal filatoio le incannatrici dispongono la juta sui rocchetti, poi si fanno le orditure e finalmente il telaio compie il lavoro.” In quegli anni abbiamo un quadro preciso della fabbrica dalla “Denunzia di esercizio della Ditta Emanuele Balestreri” del 1886: “Oggetto dell'industria: filatura, tessitura, tintura e stampatura della Juta. Dalla “Denunzia di esercizio” risulta che allo Jutificio, fabbrica tecnologicamente avanzata dove il lavoro (caldo, polvere, rumore assordante) doveva comunque essere durissimo, il 52,5% della manodopera adulta era femminile (le fanciulle minori di 14 anni, rappresentavano il 7,25%). Ma dalle carte della Prefettura risulta che nel 1895, in violazione della Legge sul lavoro dei fanciulli, lavorassero negli “Opifici Balestreri” 120 ragazzi maggiori di 9 anni e minori di 15, dei quali 49 minori di 12 anni e “che tutti i ragazzi venivano adibiti al lavoro notturno”. Del resto violazioni del genere erano state rilevate in quasi tutti gli opifici dei comuni di Lucca, Capannori e Pescia visitati. Nello Jutificio “l'orario, tanto per gli adulti che pei fanciulli, è nel giorno dalle 6 alle 19, meno una ora e ¾ per i pasti, e nella notte dalle ore 20 e mezza alle ore 6, senza interruzione” (3).
Ma il problema del Balestreri, fin dall'inizio, fu di avere una manodopera che garantisse disponibilità, continuità di lavoro, che fosse insomma “legata” alla fabbrica da un rapporto difficilmente scindibile. Così entro il mese di marzo 1885, venivano costruite le prime case operaie dette “Le Torrette” che potevano ospitare più di 40 famiglie ed entro la fine del secolo altri blocchi di case (almeno 8) arrivavano ad ospitare 90 famiglie. Le case erano a 3 piani più il piano terreno e ogni famiglia aveva a disposizione un pezzo di terra per coltivarla ad orto. Balestreri, di fronte alla necessità di creare un insieme di istituzioni e infrastrutture interne ed esterne alla fabbrica, (abbiamo già visto la tramvia, la Società di mutuo soccorso ed infine le case, ma dobbiamo aggiungere un dormitorio capace di ospitare 500 operai, - per lo più donne sorvegliate da 3 suore -, un refettorio e infine una Società cooperativa di consumo che creò non pochi problemi con i commercianti della Borgata di Ponte a Moriano), affrontava i problemi che già si erano già posti molti industriali, specie del nord, risolvendoli con la creazione delle cosiddette Città sociali e/o con i villaggi operai. Anche qui nasce un villaggio operaio con le sue centinaia di persone per lo più immigrate dalle Province vicine e riunite in robuste abitazioni (tuttora abitate) che circondavano la fabbrica in una soluzione urbanistica estremamente eloquente. Dal censimento del 1871 al 1901, la popolazione di Saltocchio, frazione di Ponte a Moriano, dove ormai le case operaie erano tutte abitate, passò da 886 a 1567 abitanti, con un incremento del 76,9%. Ma questo villaggio non sorge nel nulla, come invece avvenne per insediamenti simili in altre parti d'Italia, a Schio nel vicentino e a Crespi sull'Adda nel bergamasco (sito oggi riconosciuto Patrimonio dell'Umanità). Vicino ha una borgata assai attiva, intorno una campagna densamente abitata. L'industria non assumerà, al Ponte a Moriano, quel carattere monopolistico, di controllo assoluto del territorio e dei suoi abitanti, tipico di alcune Città sociali italiane, ma anche del villaggio operaio sorto dal nulla intorno al Cotonificio Sciaccaluga, a pochi chilometri a nord, in località Piaggione, che operava sfruttando direttamente le acque del fiume. Intanto nel giugno 1889 iniziano i lavori per la nuova fabbrica, il Linificio/Canapificio destinato a produrre tele per vele e per uso domestico. Lo stabilimento, imponente come lo Jutificio, attingerà l'energia dalle acque del Canale nuovo, provenienti ovviamente dal Serchio. Verrà inaugurato nel settembre 1890 e il mese successivo sarà costituita la “Società in accomandita per azioni Emanuele Balestreri”. Il 1890 è l'anno ascendente della parabola costituita dalla vita dell'intraprendente industriale. Infatti nel novembre viene eletto Deputato nella maggioranza crispina con 5872 voti su 15.576 votanti nell'intera Provincia. Nella sezione di Saltocchio, sede dei 2 stabilimenti, ottiene l'82,23% dei voti (votano 173 elettori su 370 aventi diritto). Ma l'anno dopo inizia la parabola discendente. Nell'ottobre un disastro provocato dal canale adduttore blocca ogni attività nel nuovo stabilimento: “Al nuovo edifizio (...) crollarono, per la corrosione operata dalle acque nutrici le macchine, stante la mal costruzione dei fondamenti, due grandi muri trascinandosi dietro (nella caduta) l'armamento superiore ed un'immensa quantità di materiale, che precipitò sulle macchine arrecando gravissimi danni. L'acqua irruppe subito violentemente nello stabilimento, e si elevò presto ad una altezza considerevole. (…) I danni cagionati al fabbricato e alle macchine si calcolano approssimativamente ascendere a circa 60000 lire. Il fatto ha prodotto in tutti dolorosa impressione.” (“Il Progresso”, 6 dicembre 1890). Dolorosa impressione e molti mesi senza lavoro per i circa 400 operai del nuovo stabilimento. Sulla nuova impresa gravava poi il peso dei crediti ipotecari contratti dal Balestreri negli anni precedenti e trasferiti impropriamente alla Società da poco costituita. Per questo si dovette addivenire ad una diminuzione del capitale sociale (da 6 a 4 milioni e mezzo) e ad una vendita di azioni che non ebbe esito felice. In conclusione fino a tutto il 1896 il Linificio-Canapificio non aveva lavorato, risultando un peso morto per la Società i cui utili si contraevano paurosamente sino ad arrivare ad una perdita nel bilancio del 1894, e comunque a cifre irrisorie che venivano sistematicamente passate al fondo di riserva. Le gravi difficoltà economiche oltre a problemi di salute furono causa principale del progressivo distacco del Balestreri dagli impegni pubblici, sicché nel 1892 rinunziò a candidarsi per le elezioni politiche. Nel febbraio di quell'anno viene inaugurata la ferrovia Lucca - Ponte a Moriano, con conseguente declassamento della celebre tramvia. La crisi, che è soprattutto finanziaria, continua negli anni seguenti, finché l'Assemblea dei soci decide la liquidazione della Società (1899) invitando il Balestreri a restare in carica fino alla conclusione della liquidazione stessa. Ma di lì a pochi mesi, il giorno 8 del febbraio 1900, all'età di 54 anni, l'industriale conclude definitivamente la sua parabola terrena. Intanto a Genova si era costituita la Società anonima per azioni “Manifattura Italiana di Juta” (23 gennaio 1900), con “iscopo l'industria della juta, lino, canapa e affini e specialmente l'acquisto dello Stabilimento Balestreri a Ponte a Moriano (…) La sede sociale è in Genova; la durata della Società è fissata al 31/XII/1959” (Atto costitutivo della Società Anonima Manifattura Italiana di Juta, in Archivio Cancelleria Commerciale del Tribunale di Lucca). Dalla liquidazione della Società all'avvento della Manifattura le 2 fabbriche non avevano lavorato, tant'è che le autorità temevano disordini: “Da due giorni trovansi consegnati due squadroni di cavalleria, perchè temevansi delle sollevazioni di operai al Ponte a Moriano, essendo da molto tempo chiuse le antiche fabbiche Balestreri dove erano impiegati oltre un migliaio di operai i quali si trovavano ora senza lavoro. Però sono rimasti perfettamente calmi, ed una parte di essi hanno trovato lavoro nella antica fabbrica di Juta sotto la nuova Ditta, che si è riaperta ieri mentre altri sono stati impiegati a Terni nello iutificio Centurini” (“L'Esare”, 10 marzo 1900). Nel 1901 lo Jutificio riprende in pieno l'attività ottenendo ottimi risultati: il bilancio si chiude con un forte utile netto permettendo di distribuire lire 16 per azione. La Manifattura cesserà l'attività alla fine degli anni 60 del secolo scorso. I 2 stabilimenti costituiscono oggi un importante sito di Archeologia industriale da proteggere e valorizzare insieme alle case operaie che fanno loro corona.
NOTE
LE FOTO SC003 - Carta idrografica, Lucca foglio 105 (MAIC, Istituto geografico militare, Roma 1889) [in rosso gli Opifici lungo i corsi d'acqua, in blu il Pubblico Condotto] SC002 - Lo Jutificio Balestreri e il villaggio operaio. Non è ancora stato costruito il Linificio-Canapificio, quindi la veduta risale a prima del 1890. Si notano, infondo a destra, le case operaie dette “Le Torrette” e, a sinistra, le “Case nuove” di via Dinelli e via Genova. FW011 – La stazione del Tramvai a Lucca, 1884 SC001 - Pianta dell'officina Henry e Vignolo (4 novembre 1878). Il capannone fu poi utilizzato come Jutificio da Balestreri. SC004 - Pianta delle 2 fabbriche Balestreri (in Deputazione Provinciale di Lucca, “Osservazioni alle domande del cav. Balestreri per concessione e lavori interessanti le acque irrigatorie del Serchio”, Lucca1891). Lo Jutificio ha una superficie di mq. 9600, è lungo m. 160 e largo m. 67. “L'area non coperta da fabbricati è tenuta a giardino, vigneto e per la coltivazione della canapa”. Il Linificio-Canapificio ha una superficie di mq. 8500, è lungo m. 150, largo come lo Jutificio e alto m. 8. In testa alla fabbrica vi sono 2 palazzine per uso di abitazione e uffici. E' tutt'oggi visibile dalla statale del Brennero e fa bella mostra di sé, sull'angolo della palazzina lo stemma di Emanuele Balestreri, col motto “Labor omnia vincit”. SC007 – Operaie dello Jutificio Balestreri (1897). CR007 - Veduta dello Jutificio oggi (dalla Via del Brennero già Via Nazionale). CR012 - Veduta odierna delle case operaie dette “Le Torrette” (dalla Via del Brennero già Via Nazionale). FW009 - Inaugurazione del monumento a Emanuele Balestreri, il 26 ottobre 1902, nella piazza di Ponte a Moriano (rimosso in epoca fascista).
BIBLIOGRAFIA
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