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FW044) Casentini & Piegaia, Fornace di laterizi nei pressi di Monte San Quirico, la zona era ricca di banchi di argille fini di buona qualità

Una statistica del 1894 (ACL, Stat.) segnala 3 Fornaci a fuoco continuo attive, ma solo una è importante: la “Casentini e Piegaia” sorta nel 1886, a Monte San Quirico, riva destra del Serchio ricca di terreno argilloso, dalla fusione di  2 fornaci. Impiegava 32 operai maschi adulti, 3 sotto i 15 anni e 3 femmine adulte. Lavorava per 6 mesi l'anno a pieno regime, nella stagione invernale veniva occupato un quarto degli operai. Produceva mattoni forati, embrici, mattoni volterrani e tubi per l'acqua. Il materiale veniva cotto in un grande forno a fuoco continuo alimentato da sansa, carbone e torba. Oltre a laterizi fabbricava: “lavori d'ornato” come statue, fontane, capitelli.

 

FD146) Lettera datata 14 Dicembre 1914 indirizzata all'Ufficio Tecnico del Comune di Lucca in cui Casentini & Piegaia lamentano che una fossa che avrebbero dovuto coprire contiene troppa acqua e ciò non gli consente di eseguire il lavoro.

STORIA PRIMA DELLA FUSIONE

 

Nel 1871 Raffaele Piegaia aveva una fornace di laterizi con 18 operai che lavoravano per 200 giorni l'anno per una mercede giornaliera di L. 1,50.

Produceva nel quinquennio 1866-'70, 1.000.000 di pezzi (mattoni, embrici, tegoli, canaletti, etc.), per un valore annuo di L. 10.000.

Nello stesso periodo Giuseppe Casentini, proprietario dell'altra fornace, occupava 32 operai per 250 giorni l'anno.

L’argilla veniva estratta da cave prossime alle fornaci dagli stessi operai.

Nel quinquennio di cui sopra produceva 1.700.000 pezzi per un valore annuo di L. 12.000.

 

La visita del giornalista Antonio Morosi alla Fornace Casentini e Piegaia (1894)

 

La Fornace è nel sobborgo di Lucca chiamato Monte San Quirico, ed ha un'estensione vastissima. (…) Una macchina di 50 cavalli serve a mandare le varie macchine e le tre macine, che riducono in polvere sottilissima la terra già mescolata e ripulita dei sassi.
Abburattata che sia, questa terra macinata vien portata alle macchine impastatrici che la lavorano in modo da farla compatta.
Altre macchine la trasformano in embrici alla Marsigliese, in mattoni vuoti a tre fori, in mattoni volterrani, in tubi per acqua e per condutture ecc. ecc.
Ma non tutto è fatto a macchina; sotto il capannone lungo 112 metri a 16 scompartimenti ci sono gli operai che fanno mattoni a embrici, sotto altri capannoni e piazzali pure altri operai lavorano (...)
Il materiale viene cotto in una grande fornace a fuoco continuo girante, con 16 forni. E' sistema italiano, e la ditta Casentini e Piegaia ne ha la privativa. L'infornatura è fatta dal basso, ed  il fuoco è alimentato con la sansa, carbone e torba, in date proporzioni e in tempo stabilito. Il combustibile deve esser messo nelle bocche ogni 5 minuti, e nel piano superiore della fornace, le bocche sono 192 con tre tiraggi che si alternano progressivamente. La fornace dà un lavoro di 30.000 pezzi giornalieri.
I prodotti di questo stabilimento sono ottimi. Per la macinazione e impastatura meccanica, i laterizi vengono compatti, e per la qualità della terra, che il sig. Casentini mi dice superiore a quella della Valle d'Arno, i mattoni non spolverano. Oltre i materiali laterizi, dalla fornace escono pregevoli lavori d'ornato, statue, fontane, tubi da condutture, da irrigazione, capitelli, ecc.

A. Morosi, “La città industriosa. Lucca alla fine dell'Ottocento” (a cura di Umberto Sereni), Lucca 1997, pp. 109-110

 

 

 

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