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Molino Melicone, San Martino in Freddana, Comune di Pescaglia

FP040) Tramoggia e macine

FP041) Si noti l'uscita della farina di granturco macinata

FP042) Ruota di sopra

Molino Melicone, San Martino in Freddana, Comune di Pescaglia

FP043) Veduta di sopra della gora e del Molino

FP044) Gora

Da un documento del 1867 (ASCLu, Stat. 21) risultano lungo il Serchio ed il Pubblico Condotto n. 14 mulini, attivi tutto l'anno, gli altri sono attivi per 8 mesi (lungo il torrente Vinchiana, n. 8) o per 7 mesi (n. 3 lungo la Fraga), e gli altri 37 (8 lungo il torrente Freddana, 4 lungo il Rio della Certosa e Farneta, etc.). In totale n. 62.

Da altre fonti sappiamo che nel 1907 i mulini erano ridotti a 23 (n. 5 beneficiari del Condotto Pubblico nel Comune di Lucca e n. 5 a Marlia).

In un altro documento del 1863 (ASCLu, Stat. 21), sono elencati 62 mulini per un totale di 159 macine. Il documento riporta osservazioni interessanti: “Dei 62 Edifizi quelli animati dall'acqua del Serchio e del fosso o Condotto Pubblico hanno una forza maggiore agli altri, e perciò sono in grado di agire continuativamente”. Riguardo alla materia che lavoravano: “I cereali più generalmente macinati nei nostri mulini sono: grano, granturco o formentone, segale, mistura, saggina, lupini, castagne. La quantità approssimativa delle farine macinate nell'anno può determinarsi in ettolitri 200,000”.

I mulini con un maggior numero di macine erano quelli di San Jacopo di Stefano Mungai (n. 12) e della Santissima Annunziata, luogo detto all'Acquacalda, ed al Molino Bianco di Casimiro Giambastiani e Stefano Mungai (n. 18); gli altri rientravano in una media di n. 2 macine (da 5 a 1).

Interessante seguire la vicenda del Molino di Pasquale Bucchianeri in quel di Sesto l. d. Sant’Ansano (con 4 macine all'epoca).

Il “povero uomo” Bucchianeri, come lo definisce Idelfonso Nieri in una feroce polemica su “L'Indipendente” del maggio 1886 contro il Balestreri candidato alle elezioni politiche, subì ogni vessazione dal padrone dello Jutificio: “gli mise all'asciutto il Molino levandogli quell'acqua a cui quel Molino ha diritto (…) da 300 anni (…), mozzò le braccia a questo povero uomo, lo fece stentare, gli fece soffrire pene indicibili con una lunga causa. Ma la verità trionfa”. E infatti il “prepotente” industriale perse la causa.

Di lì a poco Bucchianeri lasciò il campo ad un intraprendente imprenditore che sarà importante per tutto Ponte a Moriano, Giuseppe Mennucci.

Il Pastificio Mennucci fu fondato il 18 luglio 1887, quando  Pasquale Bucchianeri cedette a Giuseppe Mennucci la propria quota del modesto locale, ove i due soci, già da cinque anni, producevano pane e pasta per la popolazione rurale della zona del Morianese, proprio all’imbocco della Valle del Serchio. L'estensore dell'atto di compravendita è un sacerdote, Don Placido Bucchianieri, figlio del venditore, che nell'atto stesso, con bella calligrafia, si definisce "Economo spirituale di San Concordio in Contrada”, stilando le norme contrattuali, compresi i prezzi di 624,55 lire per la cessione delle merci e crediti esistenti, oltre a quello di 1,250 lire per l'azienda vera e propria con i suoi pochi mobili e attrezzi.

Fu così che Giuseppe Mennucci, con l'aiuto del figlio Giovan Battista, continuò e dette impulso all’attività del negozio-pastificio. Che decollò definitivamente, a partire dal 1919, con Maurizio, figlio di Giovan Battista.

I Mulini, come le Filande, la Tessitura e Filatura casalinghe, l'allevamento del baco da seta, appartenevano ad una fase economica di tipo protoindustriale che progressivamente andò calando con l'avvento delle grandi Fabbriche tessili (nel Comune di Lucca lo Jutificio, i Cotonifici Niemack poi FABBRICA ITALIANA FILATI CUCIRINI in seguito CANTONI CUCIRINI COATS e Sciaccaluga) che impiegavano manodopera soprattutto femminile togliendola al lavoro in campagna o al telaio di casa.

Nelle aree collinari e montane della Provincia di Lucca  il processo di industrializzazione andò più a rilento rispetto alle aree irrigue di pianura, ove si insediarono le fabbriche. Nel Comune di Pescaglia, dove si trova il molino di Menicone, si verificò la maggior concentrazione di  Filande, che, all'inizio del secolo XX, erano ancora 38 contro le 14 del Comune di Lucca.

 

 

 

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